venerdì 8 agosto 2014

Violenze psicologiche, violenze invisibili

 


Molte persone prostituite sono state vittime, durante l'infanzia, di violenze psicologiche. Minore è il riconoscimento  della loro condizione di vittime di maltrattamento,  maggiore è l'interiorizzazione delle parole distruttive che sono state ad esse rivolte. Il disconoscimento della violenza subita può generare condotte autodistruttive. Farsi male per non ammettere di aver subito il male dagli altri.
Si tratta di quelle ferite invisibili delle quali le giovani vittime non si lamentano e che, tuttavia, aggrediscono l'essere in profondità. Il maltrattamento psicologico è commesso con le parole, ma anche con i silenzi, con  i non detti,  con l'indifferenza.
Come rileva Jacques Lecomte, dottore di ricerca in psicologia e cultore della materia all'Università di Parigi X, il maltrattamento psicologico è, molto spesso, definibile come una situazione generale di anaffettività, di umiliazione, di colpevolizzazione, di terrore.
 
Il male che mi ha fatto mi rimarrà per sempre impresso nella mente. Mi ha costretto a prostituirmi. Mi ricordo il suo sguardo: uno sguardo che voleva dire "non vali niente", "sei una nullità". (Laldja)
 
La violenza psicologica può anche manifestarsi in modo dolce. Il ricatto affettivo, infatti, permette all'adulto di imporre la propria volontà o di prescrivere dei divieti al bambino "per il suo bene" o perché "non soffra troppo".
Il bambino che subisce quotidianamente la violenza dei genitori sente negata la propria personalità ed identità proprio da coloro da cui si attende, prima che da qualsiasi altra persona, affetto e sostegno. "Ricordo un padre che non sopportava la figlia. La trattava costantemente da puttana, da sgualdrina", racconta Christian Besnard, psicologo clinico attivo anche presso la Corte d'appello di Rennes. "Quando gli si chiedeva conto del suo comportamento, questo padre rispondeva: "sono soltanto parole". Si può uccidere con le parole, rileva Jacques Lecomte.
Certi genitori esercitano il potere sui figli, in nome di principi educativi o morali, senza mai ricorrere agli schiaffi. "Non sono violento, voglio soltanto farmi obbedire", affermano certi adulti che ritengono di poter esercitare qualsiasi diritto sui loro figli.   Applicano alla lettera l'art.371 comma 1 del Codice civile francese: "Il figlio, indipendentemente dagli anni che ha, deve onorare e rispettare il padre e la madre".
Si è dovuta attendere la Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo per riconoscere che anche i bambini hanno dei diritti, osserva Christian Besnard.
 
Quando ero adolescente, mi diceva sempre che ero una puttana.(Suzanne)
 
Uno stato di morte psichica
Un bambino vittima di violenza psicologica non può crescere, non può costruire la propria personalità, perché l'adulto si appropria del suo spazio psichico e gli nega il diritto all'esistenza. Come rileva Bernard Lempert, il genitore  mette in atto un omicidio della psiche del figlio: fa in modo che il bambino sia il nulla. Individuiamo qui una costante: non ci sono tracce, né sangue, né cadaveri. Il morto vive ed è tutto normale.
Secondo Christian Besnard, un bambino che viene costantemente negato nella sua personalità e disprezzato corre più rischi psichici di un bambino regolarmente picchiato. Infatti, quest'ultimo può costruire la propria identità, pur subendo violenze fisiche, perché può attribuirne la responsabilità all'adulto.
Il bambino ragiona secondo uno schema dicotomico: ci sono le persone cattive che picchiano e quelle buone che non lo fanno. Quando è vittima di violenze fisiche, il bambino giunge rapidamente alla conclusione che è il genitore a comportarsi male, precisa Jacques Lecomte.
Per contro, è difficile che il bambino regolarmente umiliato, criticato, insultato, ma non picchiato dal genitore attribuisca a quest'ultimo la responsabilità delle vessazioni che subisce. E' incline piuttosto a fare più o meno inconsciamente questo ragionamento: "mio padre (mia madre) non è cattivo perché non mi picchia. Se mi ripete continuamente che non valgo nulla, che non combinerò mai niente di buono nella vita, vuol dire che è vero".
In queste condizioni, il bambino interiorizza un senso di inutilità, di assenza di valore molto più profondo di quello percepito dal bimbo che subisce maltrattamenti fisici. Avendo svolto una ricerca su ex vittime di violenza, Jacques Lecomte ha constatato che le persone che hanno subito un duplice maltrattamento (fisico e psichico) ritengono praticamente tutte che è il maltrattamento psicologico a produrre le più gravi conseguenze. Così, una donna che era stata vittima di violenza psicologica durante l'infanzia raccontava: "Sono diventata estremamente resistente alla violenza fisica, mentre è sufficiente che una persona mi guardi con disprezzo perché mi senta distrutta".
Il timore del giudizio e dello sguardo altrui, la coscienza del disprezzo che i clienti nutrono nei loro confronti, il clima di paura che provano quotidianamente traumatizza le persone prostituite più della violenza fisica.
 
Per me, i clienti sono violenti. Ci sono i violenti fisici, i bruti (io pago, tu taci ed obbedisci), ma anche gli altri sono violenti, psicologicamente, attraverso l'uso di strumenti di pressione. In definitiva, ho l'impressione che i clienti preferiscano le donne disperate. Questo li eccita di più. Amano la sfida. (Naïma).
 
Jacques Lecomte nota come la stragrande maggioranza dei bambini che subiscono violenze fisiche patiscono anche maltrattamenti psicologici. Al contrario, un numero non trascurabile di bambini che subiscono maltrattamenti fisici non subisce invece maltrattamenti psicologici.
Le vittime di soprusi psicologici corrono un grave rischio, perché sono inclini ad attribuire solo a se stesse la responsabilità della violenza che subiscono. "Il papà è buono perché non mi picchia. Se mi tratta da stupido, ciò significa che lo sono". Al contrario, un bambino che è regolarmente picchiato da uno dei genitori, benché possa sentirsi in parte più colpevole di quanto sia, finisce generalmente per approdare alla conclusione che la violenza che si abbatte su di lui è anormale, eccessiva. Se questo genitore gli dice che lui non vale niente, se lo umilia, il bambino può  attribuire questi comportamenti alla "cattiveria" del genitore, osserva Lecomte.
 
Il senso di colpa della vittima
Poiché il bambino che subisce maltrattamenti psicologici,  non è in grado di attribuire la responsabilità di questa violenza ai genitori, si sente colpevole di quel che subisce.
Il bambino pensa che il motivo per cui non è stimato dai suoi genitori debba essere ricercato nel fatto che il suo comportamento non corrisponde alle loro aspettative, ai loro desideri. Se gli si dice ripetutamente che è una nullità, un buono a nulla, il bambino interiorizza questo giudizio e si sente colpevole di non essere all'altezza, spiega Christian Besnard. E' lui a sbagliare! Vive allora un senso di colpa nevrotico.
Questo senso di colpa è tanto più forte in quanto il bambino non può assolutamente rimettere in discussione la parola del genitore: ha troppa paura di perdere il suo amore! Come rileva Marie-France Hirigoyen: è molto facile manipolare i bambini che cercano sempre di trovare delle giustificazioni al comportamento delle persone che amano. La loro tolleranza è illimitata. Sono pronti a perdonare tutto ai genitori, a comprenderli, ad accollarsi la responsabilità di quel che accade, a sforzarsi di capire perché i genitori sono scontenti di loro.
Il bambino vittima di violenze psicologiche che pensa di essere privilegiato rispetto a quelli picchiati vive un malessere permanente: "io almeno non vengo picchiato". Così, questo bambino sviluppa un profondo senso di colpa, a meno che non riesca a percepirsi come vittima, quale effettivamente è.
Nel corso della mia ricerca, racconta Jacques Lecomte, una donna di circa 50 anni mi ha descritto una lunga serie di maltrattamenti psicologici da lei subiti, poi ha concluso il suo discorso con queste parole: "è vero però che non sono mai stata maltrattata".
"Ora, per riacquistare autostima - spiega lo psicologo- il bambino traumatizzato ha bisogno di essere riconosciuto come vittima, ha bisogno che le sue rimostranze siano accolte.
Alcune persone non riescono mai ad uscire dalla condizione della lagnanza, perché non vi sono mai entrate davvero: "non è poi così grave" "di cosa mi lamento" pensano spesso.
Ci si può chiedere se le persone che rivendicano la prostituzione come libertà di scelta abbiano mai avuto la possibilità di fare rimostranze e di lamentarsi nel corso della loro esistenza. In effetti, da chi, quando e dove avrebbero potuto farsi ascoltare? Il dolore del bambino vittima è tanto più difficile da nominare quanto più è disconosciuto. L'insegnante si pone degli interrogativi se vede arrivare a scuola un alunno con dei lividi. Il bambino che non ha ematomi, ma subisce a casa maltrattamenti psicologici può essere triste, silenzioso, senza che nessuno si allarmi, precisa Christian Besnard.
Non essendo socialmente riconosciuti come vittime, questi bambini continuano spesso a considerarsi colpevoli di ciò che subiscono, aggiunge Jacques Lecomte.
 
Le aggressioni fisiche non sono nulla rispetto alla sofferenza interiore che vi dilania, vi impedisce di respirare. (Leila)
 
Agire per non soffrire
Per tentare di sfuggire a questo dolore che non può esprimere, il bambino rischia di passare all'atto, in modo talvolta drammatico, e può persino suicidarsi. "Recentemente un bambino mai segnalato al Tribunale dei minorenni è stato trovato impiccato. L'indagine ha rivelato che era vittima di continui soprusi paterni", racconta Christian Besnard. Questo psicologo, chiamato  dai giudici a realizzare perizie psicologiche, ha conosciuto altri casi di bambini che si erano lanciati dalla finestra o si erano annegati per sfuggire ad una realtà insostenibile.
I più gravi passaggi all'atto riguardano i bambini che sono stati vittime di violenze psicologiche. Compiuti impulsivamente, questi atti non sono premeditati come le condotte a rischio di suicidio di certi adolescenti, aggiunge Besnard.
Da adulti, i bambini che hanno subito maltrattamenti psicologici hanno molto spesso una  concezione pessimistica del proprio futuro e del mondo in generale. Le idee suicidarie bloccano la loro evoluzione, precisa la psicologa Corinne Droehnlé-Breit.
Secondo uno studio condotto presso 512 studenti e studentesse, racconta Jacques Lecomte, coloro che erano stati psicologicamente trascurati nell'infanzia, soffrivano d'ansia, di depressione, di somatizzazione dei disturbi, di paranoia e di ostilità più spesso di quelli che avevano subito "solo" maltrattamenti fisici.
Anche i bambini che sono stati totalmente sottomessi dai genitori rischiano, da adulti, di riprodurre inconsciamente questo genere di rapporti. Possono cadere in balia di individui che li manipolano, come accade nel rapporto tra la persona prostituita e il magnaccia. Queste donne sono intrappolate in un ingranaggio psichico tale da trovarsi nell'impossibilità di sfuggire al potere che gli uomini esercitano su di loro, spiega Christian Besnard.
 
Mi ha ficcato in testa l'idea che nostra figlia avrebbe subito troppe privazioni; a poco a poco mi ha indotto alla prostituzione, facendomela accettare come una normale scelta di vita (Anaïs).
 
I bambini che non sono stati riconosciuti come soggetti dai loro genitori rischiano anche, da adulti, di perpetuare i rapporti di dipendenza attraverso l'adozione di condotte additive (anoressia e bulimia, alcool, droga), che costituiscono per loro il tentativo di dimostrare che esistono.
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