mercoledì 10 settembre 2014

Genealogie del presente


Genealogie del presente, pubblicato da Mimesis, è un lessico politico concepito, come chiarisce la magnifica introduzione di Lorenzo Coccoli, Marco Tabacchini e Federico Zappino, come strumento  di lotta, oltre che di decodificazione della realtà, e come manifestazione di un pensiero il cui potenziale trasformativo si traduca nel dissolvimento delle regole consolidate di comportamento e nell'apertura di nuovi ambiti di conflitto e di inediti orizzonti di senso. Per questo il libro si propone di evidenziare, nell'esposizione dei concetti, di cui traccia la genealogia, intesa in senso foucaultiano, ciò che si oppone all'ordine del discorso e che deborda dalla semantica ufficiale, sia allo scopo di disvelare i rapporti di potere e la retorica del dominio che presiede all'uso di determinate parole sia al fine, contrario, di estrarre da certi lemmi significati alternativi, conflittuali e sovversivi, che servano a performare una realtà radicalmente altra nella quale possa svolgersi una vita buona.
Non è difficile individuare alcuni caratteri comuni a tutti i saggi che compongono il libro: l'esaltazione della dimensione conflittuale e della carica critica dei concetti politici analizzati, occultata e demonizzata nel discorso egemonizzato dal potere economico e politico, cui siamo invitati a sottrarci, il disvelamento della retorica della dominazione che presiede all'uso di certi vocaboli e alla selezione strategica dei loro significati meglio corrispondenti al mantenimento dello status quo, la valorizzazione della prassi come costitutiva di realtà (il movimento, ad esempio) e nozioni (l'uguaglianza), la celebrazione della mobilitazione permanente e della resistenza, concepita come fuga dalla cattura dei dispositivi di comando.
Genealogie del presente, infatti, come dichiarano gli autori dell'introduzione, si prefigge l'obiettivo di spostare l'accento dalla dimensione semantica delle parole a quella performativa al fine di evitare l'ipostatizzazione dei concetti e, al contempo, di dispiegarne le potenzialità trasformative.
Come acutamente rilevato da Anna Simone,  questo lessico non include i lemmi "capitalismo" e "neoliberismo" perché si focalizza sui loro effetti e su alcune forme di resistenza (Bene comune, Movimento e Eguaglianza). A proposito di queste ultime, dal libro è stata esclusa anche la voce "lotta di classe" per la sua forclusione dal discorso pubblico, ci spiegano gli autori dell'introduzione, e per il probabile riassorbimento nei lemmi Beni comuni e Movimento. Tuttavia, come ho già osservato, il conflitto affiora e viene esaltato nella trattazione della maggior parte delle voci.
L'esposizione dei concetti di crisi, costituzione, democrazia, eccellenza, governabilità, legalità, popolo, povertà, precarietà, responsabilità, sacrificio, società, trasparenza consente di illustrare gli effetti del neoliberismo. Crisi è, ovviamente, termine ricorrente nella trattazione di queste voci e  viene giustamente interpretata, sulla scia di Marx ed Engels, come la normale modalità di funzionamento ciclico del modo di produzione capitalista che, nella sua forma neoliberista, osserva Federico Zappino, dà origine ad una soggettività produttiva, la cui vita è interamente assorbita dal lavoro, e debitrice, inserita in molteplici relazioni debitore/creditore, la cui perpetuazione è connessa all'incorporazione melanconica di un paralizzante senso del peccato, della colpa e del dovere, che affonda le sue radici nella morale cristiana.
Zappino individua una via di fuga a questa opprimente situazione nella riscoperta di un significato diverso di crisi: quello, attinto dalla tradizione storiografica e filosofica greca, di giudizio, ossia di valutazione critica, la cui applicazione potrà dischiudere prospettive inedite e condurci a rifiutare di concorrere alla perpetuazione  di soggettività produttive  e debitrici.
Prospettive inedite Adalgiso Amendola intravede nella crisi della costituzione, strumento la cui funzione nell'età moderna è consistita nell'operare un'impossibile mediazione fra il movimento centrifugo dei soggetti e la costruzione unitaria dello Stato. L'attuale processo di decostituzionalizzazione  lascia aperto il campo ad esperimenti istituenti che si collochino al di là della dicotomia stato/società civile, pubblico/privato, producendo la progressiva emersione di un nuovo "diritto del comune". Per Ugo Mattei e Michele Spanò, invece, la forma costituzionale rimane l'unico dispositivo ancor oggi disponibile per concepire e attuare la trasformazione della realtà. Dalla crisi della Costituzione si esce, osservano gli autori, attraverso un nuovo processo costituente, europeo e postcoloniale, che fondi il "diritto del comune".
Ai beni comuni è consacrato il saggio di Maria Rosaria Marella  che li distingue dal bene comune inteso come ciò che giova a una comunità pacificata, omogenea e coesa. I beni comuni, invece, risorse sottratte allo spossessamento del comune, gestite in modo partecipato da una determinata collettività, rappresentano una potenziale critica al sistema e incorporano una dimensione conflittuale come qualsiasi reale istanza egalitaria.
Anche Cristina Morini, nel suo saggio sulla precarietà, invita a superare la logica del welfare e del workfare per istituire il commonfare, fondato appunto sulla cooperazione sociale nella gestione dei beni comuni (acqua, aria, cibo, ambiente, conoscenza, linguaggio, socialità). L'autrice, che  giustamente concepisce la precarietà come condizione al contempo lavorativa ed esistenziale, strutturale, disciplinare e generalizzata, individua la possibilità di uscire da questa situazione nel conflitto contro il capitale, ossia nella riappropriazione del reddito da realizzare attraverso l'insolvenza, l'introduzione di un reddito di esistenza, la condivisione di saperi (eliminazione della proprietà intellettuale) e nella sperimentazione di forme di autorganizzazione e di autogestione. Sono d'accordo con lei, ovviamente.
Potrei proseguire la "recensione" esponendo succintamente il contenuto degli altri saggi, altrettanto importanti e interessanti, che compongono il lessico, ma mi rendo conto che le mie sintesi sortiscono l' effetto di banalizzare e, al contempo, di rendere poco comprensibili contributi densi, complessi, articolati e di privare lettrici e lettori del piacere della scoperta. Questi saggi, espressione del pensiero critico, disegnano, infatti, paesaggi e orizzonti inediti, attraverso l'impiego di categorie di analisi diverse dalle solite, producendo nei lettori una sensazione di benefico spaesamento, di disancoramento dalle ortodossie e di slancio verso un mondo nuovo. Ciò configura Genealogie del presente come prezioso strumento di trasformazione della realtà. Per questo  vi consiglio caldamente di leggerlo.
 
N.B E' probabile che dedichi ancora almeno un articolo a qualcuno dei saggi contenuti in questo libro.
Qui trovate una parte dell'introduzione.
 
 
 
 
 
 

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